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    Celecoxib exerts protective effects in the vascular endothelium via COX-2-independent activation of AMPK-CREB-Nrf2 signalling

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    Although concern remains about the athero-thrombotic risk posed by cyclo-oxygenase (COX)-2-selective inhibitors, recent data implicates rofecoxib, while celecoxib appears equivalent to NSAIDs naproxen and ibuprofen. We investigated the hypothesis that celecoxib activates AMP kinase (AMPK) signalling to enhance vascular endothelial protection. In human arterial and venous endothelial cells (EC), and in contrast to ibuprofen and naproxen, celecoxib induced the protective protein heme oxygenase-1 (HO-1). Celecoxib derivative 2,5-dimethyl-celecoxib (DMC) which lacks COX-2 inhibition also upregulated HO-1, implicating a COX-2-independent mechanism. Celecoxib activated AMPKα(Thr172) and CREB-1(Ser133) phosphorylation leading to Nrf2 nuclear translocation. Importantly, these responses were not reproduced by ibuprofen or naproxen, while AMPKα silencing abrogated celecoxib-mediated CREB and Nrf2 activation. Moreover, celecoxib induced H-ferritin via the same pathway, and increased HO-1 and H-ferritin in the aortic endothelium of mice fed celecoxib (1000 ppm) or control chow. Functionally, celecoxib inhibited TNF-α-induced NF-κB p65(Ser536) phosphorylation by activating AMPK. This attenuated VCAM-1 upregulation via induction of HO-1, a response reproduced by DMC but not ibuprofen or naproxen. Similarly, celecoxib prevented IL-1β-mediated induction of IL-6. Celecoxib enhances vascular protection via AMPK-CREB-Nrf2 signalling, a mechanism which may mitigate cardiovascular risk in patients prescribed celecoxib. Understanding NSAID heterogeneity and COX-2-independent signalling will ultimately lead to safer anti-inflammatory drugs

    Hermétisme

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    Cristianesimo ed ermetismo

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    La Clauis Physicae (316-529) di Honorius Augustodunensis. Studio e edizione

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    The Clauis Physicae is a Latin epitome of John Scottus Eriugena’s Periphyseon written by the prolific author of the Western twelfth-century Church, Honorius Augustodunensis. It therefore constitutes one of the most important witnesses to medieval Eriugenism. This volume contains the first critical edition of Clauis Physicae (316-529), a work of great interest in matter both of ecdotics, for the reconstruction of the text, which reproduces almost verbatim the Book V of Periphyseon, and of theoretics, for the illustration of the themes typical of neo-Platonic philosophy in Eriugena’s Christian eschatology, among which is the doctrine of the return of all created natures into the original source of God. Integrating the pars prior of the Clauis Physicae (1-315), edited by Paolo Lucentini, Edizioni di Storia e Letteratura, Rome 1974, the present edition of the pars altera of the Clauis Physicae (316-529), edited by Pasquale Arfé, provides finally the possibility of a complete reading of Periphyseon’s special textual interpretation by Honorius Augustodunensis

    Triplex modus theoriae de reditu. The Doctrine of Universal Return in Eriugena

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    The theme of the “reditus in unum” is the focal point in which converge John Scottus Eriugena's philosophical and theological speculations. Of this subject is proposed a new arrangement on the basis of the final summary of Book V of the Periphyseon: “Triplex modus theoriae” is in effect the hermeneutical key given by Eriugena himself to study the doctrine of the “reditus” which, beyond any exegetical ambiguity introduced by the modern scholarship, reveals itself to be effectively endowed with a profound unity, centered on the return of man to God

    La Clauis Physicae di Honorius Augustodunensis. Introduzione alla edizione critica (Momenti e problemi della storia del pensiero, 44)

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    Questa monografia affronta criticamente il problema della ricostruzione filologica del testo della Clavis Physicae di Honorius Augustodunensis, maestro della Chiesa del secolo XII, che raccolse nella sua opera in parte in forma di epitome in parte in forma letterale il Periphyseon di Giovanni Scoto Eriugena. Il problema di tale duplice trattamento del Periphyseon nella Clavis Physicae risponde, secondo il presente studio, ad una precisa esigenza di ordine dottrinale di Honorius e non, come ha voluto intendere la storiografia filosofica del secolo scorso, a fattori accidentali di erronea trascrizione o di incomprensione del capolavoro di Eriugena. L’intento di preservare letteralmente la quasi totalità del libro V del Periphyseon adombra la dottrina escatologica del neoplatonismo cristiano che contempla il ritorno ultimo di tutti gli enti creati nella fonte originaria dell’Uno iniziato e guidato dall’azione salvifica del Cristo. In tal senso, dopo un inquadramento storico e dottrinale della vita, dell’opera e delle fonti di Honorius Augustodunesis, il lavoro pone la questione tecnica della constitutio textus della Clavis Physicae come esigenza di differenziare ecdoticamente le sue due diverse parti, secondo l’intento originario del suo autore, ma con il fine precipuo di salvaguardarne l’unità letteraria

    "E servano da segni" (Gen. 1,14). La confutazione del fatalismo astrologico nel "Commento a Genesi" di Origene

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    Questo saggio storico-filosofico ricostruisce il rapporto di Origene con i temi del fatalismo astrologico e del valore della scienza astrologica, a partire da uno studio della Filocalia, l’antologia di testi origeniani raccolti a scopo apologetico nel secolo IV da Basilio di Ceasarea e Gregorio di Nazianzo. La vexata quaestio della cultura ellenistica, se gli astri siano cause oppure segni delle vicende umane, è chiaramente risolta da Origene secondo il senso letterale del Genesi biblico (Gen. 1,14), che negli astri scorge solo segni per distinguere le fasi del tempo. Tale conclusione, apparentemente semplice, è però il risultato, nella presentazione dei padri filocalisti, di una complessa requisitoria anti-fatalistica operata da Origene in quattro distinti tempi volta a demolire i fondamenti stessi di ogni presunta scienza astrologica vista come avversaria della libertà umana. Al tema dei rapporti tra prescienza divina e libero arbitrio Origene muove in prima istanza la propria attenzione analizzando una serie di topoi scritturali e filosofici che lo guidano a chiarire un principio di fondo della sua etica cristiana: conoscere in anticipo gli avvenimenti futuri è dannoso per il credente, perché produce un pericoloso rilassamento dei costumi: sapere che il bene verrà in ogni caso spegne la giusta tensione verso il retto agire. Paradossalmente, in contrasto con l’etica intellettualistica greca, per il cristiano è meglio ignorare il futuro. La seconda critica di Origene contro il fatalismo astrologico, attraverso l’impiego di classiche obiezioni della polemica anti-astrologica, mostra come gli astri, che appartengono al dominio effettuale del reale, non possano mai essere cause degli avvenimenti umani, avendo a una tale pretesa rinunciato Dio medesimo, che è la causa prima delle cose. La terza questione illustra l’impossibilità umana di realizzare una conoscenza esatta dei segni mediante una serie di prove scientifiche, come ad esempio la precessione degli equinozi, che impedirebbe di calcolare esattamente la posizione dei pianeti sulla volta stellata. Finalmente, Origene ammette la possibilità di usufruire della sapienza divina contenuta negli astri – anche se solo per le potenze angeliche o per gli uomini santi appositamente predisposti dai fini di Dio –, ma tale possibilità non risulta accessibile mediante una scienza, poiché si tratta di forme di conoscenza che sfuggono ad ogni controllo umano. L’astrologia come scienza, secondo il paradigma storiografico di Anthony Arthur Long, non ha, dunque, nel pensiero di Origene un significato forte né tanto meno debole, ma solo uno che potremmo definire nullo
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