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La informació física no específica: el best-seller de la quimiometria
En aquesta conferència, homenatge al Prof. Enric
Casassas, el Prof. Forina exposa de manera molt didàctica, tres
idees importants a tenir presents per tots els que treballen en
Quimiometria o utilitzen tècniques quimiomètriques. L'objectiu
sempre ha de ser resoldre una situació química real, procurant
emprar eines de qualitat coneguda i no cal tenir recança en
aplicar-les a situacions com ara la informació física no
específica.This lecture, a tribute to Prof. Enric Casassas, Prof.
Forina presents in a very didactic way, three important ideas to
take into account for all those who are working in chemometrics
or use chemometric techniques. The main goal should always
be to resolve a real chemistry situation, trying to use tools of
known quality and we should not afraid to apply Chemometrics
to situations such as non-specific physical information
Platform, container, environment. 2019 Shenzhen Biennale as innovation in practice
In a time of supra-national economic, political and social crises, the architectural profession is acknowledged as necessitating of a fundamental restructuring in order to gain both renewed relevance as a discipline (Awan, Schneider and Till 2009; Till 2014, 9-11) and sustainability as day-to-day practice (Deamer and Bernstein 2010; Deamer 2015; etc.). A tendency to diversify the products of architectural practice - i.e. beyond buildings - is facilitated by a constantly increasing number of curatorial outlets - i.e. Triennales, Biennales - allowing to increase the perceived pace of innovation (Papastergiadis and Martin 2011, 45–62). The paper looks at the curatorial process of the 2019 Shenzhen Biennale of Architecture and Urbanism as a way to access a select sample of internationally mobile contemporary practices whose work is produced at the intersection between profession, academia, and independent research. Drawing on literature pertaining to the concept of communities of practice (Amin and Roberts 2008, 353-369; Faulconbridge 2010, 2842–2858), ethnography of practice (Yaneva 2009) and feminist theory (Frichot and Runting 2015, 397-411), we question the agency of the Biennale and similar curated events as facilitating environments entailing the reconceptualization of design practice (O’Neill & Wilson 2015; Szacka 2019). In order to do so, we look at the practices that populate the exhibition, how they self-represent and how they employ the exhibition to maximize the possibility of producing innovation. Finally, we select a small number of installations that appear the most resilient to contingencies, and analyze their trajectories outside of the Biennale in order to understand the way specific networks are built and effects are achieved, within platforms that are indeed part of day-to-day practice, rather than existing outside of it
Polito Studio. Progettare l’internazionalizzazione della pratica di architettura fra università e ordine professionale.
Il progetto Polito Studio si inserisce all’interno del primo accordo fra Politecnico di Torino e Ordine degli Architetti di Torino, e definisce una collaborazione fra le due istituzioni a supporto dell’internazionalizzazione delle pratiche di architettura torinesi. Il panorama di riferimento è noto: la richiesta di servizi di progettazione in Italia è la seconda più bassa d’Europa; il numero degli architetti è il più alto; le pratiche di architettura italiane sono mediamente piccole e non competitive su mercati internazionali; tuttavia, la reputazione dei progettisti italiani si offre come un potenziale da sfruttare, e al contrario degli studi professionali, le istituzioni accademiche possono contare su strutture ampie e multidisciplinari. In altri contesti geografici e normativi, istituzioni professionali e accademiche trovano spazi di collaborazione ampi (un esempio per tutti: il Design Institute cinese; ma anche esperienze come PennPraxis presso la University of Pennsylvania), che permettono di combinare spazi di azione e metriche di impatto diversi.
Il progetto intende sperimentare la costruzione di una comunità di pratiche a cavallo fra accademia e professione. Da una parte, questo permette di sfruttare potenziali di innovazione legati al tipo di struttura di riferimento che la letteratura definisce complementari attraverso una commistione diretta di competenze diverse (“comunità delle pratiche” torinesi: accademia + professione – Amin, Roberts 2008). Dall’altra, la dimensione di apertura geografica permette di costruire sovrapposizioni variabili fra diverse comunità delle pratiche (“costellazioni di pratiche” – Faulconbridge 2010) aprendo spazi di innovazione incrementali. Questi passaggi vengono effettuati attraverso forme successive di “messa in pratica” (Barbera 2019) che permettano di definire, in corsa piuttosto che a priori, obiettivi, strumenti e azioni
Competenze e contingenze. Per una performatività del laboratorio di progetto Competences and contingencies. Towards a performativity of design studio
Nella formazione degli architetti, una questione centrale è quella che scandisce la distinzione e la dipendenza fra comprensione e competenza. Il modello pedagogico dell’atelier, o laboratorio di progetto, fornisce, all’interno di un ambiente protetto, la possibilità di sperimentare con gli strumenti e le procedure del progetto. Una riduzione della distanza fra le simulazioni pedagogiche e il mondo della pratica professionale è considerata desiderabile ai fini dello sviluppo di competenze diversificate, ed è oggetto di sperimentazioni di vario tipo. Attraverso una minuta mappatura del numero di attori e di scambi all’interno di un progetto condotto per Alta Scuola Politecnica, questo saggio intende riflettere sulla relazione fra contingenza, competenza, e comprensione. Retrospettivamente, è possibile tracciare il quadro di un progetto che ha permesso modifiche incrementali della rete di attori che ne era parte, e quindi delle richieste e delle prospettive di cui gli studenti hanno dovuto, di volta in volta, tenere conto. Ma quali sono le condizioni reali all’interno delle quali esperimenti didattici di questo tipo sono realizzabili? E quale l’impatto, da una parte sul bagaglio di competenze degli studenti, e, dall’altra, sulle pratiche degli attori coinvolti
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