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    Vitamina D nel periodo perinatale e nei primi due anni di vita

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    Premessa. La vitamina D è un pro-ormone fondamentale nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo, a cui sono state recentemente attribuite numerose funzioni extra-scheletriche. In età pediatrica appare soprattutto interessante il ruolo protettivo che essa sembra svolgere nella difesa dalle infezioni delle vie respiratorie. Inoltre, nel periodo perinatale, uno stato vitaminico materno ottimale sembra importante per numerosi outcomes fetali, neonatali e anche a più lungo termine, tra cui la modalità di parto, i parametri auxologici alla nascita e infantili e le infezioni respiratorie del bambino nel primo anno di vita. Accanto a queste nuove acquisizioni, si registra a livello mondiale una diffusa prevalenza di ipovitaminosi e deficit vitaminico D in età pediatrica. I dati epidemiologici italiani riguardanti lo stato vitaminico ed i fattori di rischio di ipovitaminosi nel periodo perinatale e nella prima infanzia sono limitati. Infine è ancora controversa la definizione dello stato vitaminico ottimale in età pediatrica e mancano linee guida condivise sulla supplementazione vitaminica D pediatrica e in gravidanza. Scopi dello studio. Questo studio ha valutato lo stato vitaminico D ed i possibili fattori di rischio di deficit vitaminico ed ipovitaminosi dalla nascita a 2 anni di età. Sono stati esaminati gli effetti della supplementazione materna in gravidanza e nella prima infanzia sui livelli sierici di 25-idrossivitamina D (25-OH-D), metabolita della vitamina D la cui valutazione è indice dello stato vitaminico. È stato inoltre valutato il rapporto tra vitamina D ed ormone paratiroideo (PTH) ed altri parametri correlati al metabolismo osseo. Infine sono stati esaminati alcuni effetti extrascheletrici della vitamina D nella prima infanzia, in particolare la determinazione della modalità di parto e dei parametri antropometrici alla nascita e nei primi tre mesi di vita e la prevenzione degli episodi infettivi delle vie aeree. Pazienti e metodi. Sono stati reclutati 40 neonati, ricoverati alla nascita presso la Neonatologia dell’Università di Pisa nel periodo marzo – maggio 2013, e 86 bambini di età compresa tra 1 mese e 2 anni, ricoverati presso la Clinica Pediatrica dell’Università di Pisa nel periodo febbraio 2011- ottobre 2012. In tutti i pazienti sono stati valutati i livelli di 25-OH-D, nel primo gruppo su campione cordonale alla nascita, nel secondo gruppo su prelievo di sangue venoso. Nel gruppo di neonati sono stati analizzati i possibili fattori di rischio di ipovitaminosi D: sesso, supplementazione materna in gravidanza, BMI materno prima della gravidanza, esposizione solare e fattori ad essa correlati nel periodo precedente la gravidanza. Nel gruppo di bambini di età compresa tra 1 mese e 2 anni sono stati invece presi in considerazione la profilassi in corso, la stagione di nascita e di prelievo, l’etnia e la tipologia di allattamento. Per la valutazione degli effetti scheletrici della vitamina D è stato esaminato il rapporto tra livelli sierici di 25-OH-D e di PTH, calcio, fosforo e fosfatasi alcalina. Per la valutazione degli effetti extra-scheletrici, nel gruppo di neonati sono stati presi in considerazione età gestazionale, modalità di parto, parametri auxologici (peso e lunghezza SDS) alla nascita, ad un mese e a tre mesi di età ed incidenza di episodi infettivi delle vie respiratorie nel primo mese e nei primi tre mesi di vita. Nel gruppo di soggetti compresa tra 1 mese e 2 anni è stato invece valutato il rapporto tra i livelli di 25-OH-D e la diagnosi di episodio infettivo delle vie aeree alla dimissione. Risultati. Periodo perinatale: i livelli di 25-OH-D valutati su campioni cordonali sono risultati deficitari (25-OH-D < 20 ng/ml) nell’82.5% dei casi ed insufficienti (25-OH-D = 20-29 ng/ml) nel 17.5% dei casi. I livelli cordonali di 25-OH-D erano significativamente più elevati nei figli delle madri che avevano assunto supplementazione vitaminica D durante la gravidanza o avevano trascorso un periodo di villeggiatura durante l’estate precedente la gravidanza. Inoltre, i livelli di 25-OH-D erano significativamente più elevati nei neonati di sesso maschile rispetto alle femmine. Tra gli outcomes extra-scheletrici, solo la lunghezza SDS ad un mese di vita è risultata correlare positivamente con i livelli di 25-OH-D. Non è stata trovata alcuna associazione statisticamente significativa tra i livelli di 25-OH-D e le altre variabili analizzate. Età 1 mese – 2 anni: in questo campione di 86 soggetti, lo stato vitaminico era sufficiente solo nel 30.2% (≥ 30 ng/ml), mentre nel 24.4% e nel 45.4% dei casi risultava rispettivamente insufficiente (20-29 ng/ml) e deficitario (< 20 ng/ml). I soggetti di etnia non caucasica mostravano livelli di 25-OH-D significativamente più bassi dei soggetti di etnia caucasica. Anche la profilassi con vitamina D al momento della valutazione influenzava significativamente lo stato vitaminico, con un rischio di deficienza ed insufficienza vitaminica di 10 e 38 volte maggiore nei bambini non in profilassi. Tra i lattanti non in profilassi e non ancora divezzati, i livelli di 25-OH-D differivano in base all’etnia e alla tipologia di allattamento, con un maggiore rischio di carenza vitaminica a carico dei bambini di etnia non caucasica e degli allattati al seno. Gli altri fattori valutati (sesso, età, stagione di nascita, stagione del prelievo) non influenzavano lo stato vitaminico D. I livelli di 25-OH-D sono risultati correlare inversamente con i valori di PTH ma non con i valori di calcio, fosforo, fosfatasi alcalina. Non è stata evidenziata alcuna differenza statisticamente significativa tra i livelli di 25-OH-D dei soggetti dimessi con diagnosi di episodio infettivo a carico delle vie respiratorie e soggetti dimessi con altra diagnosi. Conclusioni. È stata rilevata una elevata prevalenza di deficit vitaminico nella fascia di età pediatrica dalla nascita a 2 anni. Lo stato vitaminico D è influenzato nel periodo perinatale dalla supplementazione materna durante la gravidanza e dal sesso del neonato. Anche l’esposizione solare materna nel periodo precedente la gravidanza influenza i livelli cordonali di 25-OH-D. Per quanto riguarda i bambini di età compresa tra un mese e 2 anni, lo stato vitaminico è in relazione all’etnia e all’assunzione della supplementazione vitaminica. Nei bambini non ancora divezzati e non in supplementazione, anche la tipologia dell’allattamento gioca un ruolo nella determinazione dello stato vitaminico

    Metabolomics application in maternal-fetal medicine

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    Metabolomics in maternal-fetal medicine is still an "embryonic" science. However, there is already an increasing interest in metabolome of normal and complicated pregnancies, and neonatal outcomes. Tissues used for metabolomics interrogations of pregnant women, fetuses and newborns are amniotic fluid, blood, plasma, cord blood, placenta, urine, and vaginal secretions. All published papers highlight the strong correlation between biomarkers found in these tissues and fetal malformations, preterm delivery, premature rupture of membranes, gestational diabetes mellitus, preeclampsia, neonatal asphyxia, and hypoxic-ischemic encephalopathy. The aim of this review is to summarize and comment on original data available in relevant published works in order to emphasize the clinical potential of metabolomics in obstetrics in the immediate future

    Multi-scenario rockfall hazard assessment using LiDAR data and GIS

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    Transportation corridors that pass through mountainous or hilly areas are prone to rockfall hazard. Rockfall incidents in such areas can cause human fatalities and damage to properties in addition to transportation interruptions. In Malaysia, the North–South Expressway is the most significant expressway that operates as the backbone of the peninsula. A portion of this expressway in Jelapang was chosen as the site of rockfall hazard assessment in multiple scenarios. Light detection and ranging techniques are indispensable in capturing high-resolution digital elevation models related to geohazard studies. An airborne laser scanner was used to create a high-density point cloud of the study area. The use of 3D rockfall process modeling in combination with geographic information system (GIS) is a beneficial tool in rockfall hazard studies. In this study, a 3D rockfall model integrated into GIS was used to derive rockfall trajectories and velocity associated with them in multiple scenarios based on a range of mechanical parameter values (coefficients of restitution and friction angle). Rockfall characteristics in terms of frequency, height, and energy were determined through raster modeling. Analytic hierarchy process (AHP) was used to compute the weight of each rockfall characteristic raster that affects rockfall hazard. A spatial model that considers rockfall characteristics was conducted to produce a rockfall hazard map. Moreover, a barrier location was proposed to eliminate rockfall hazard. As a result, rockfall trajectories and their characteristics were derived. The result of AHP shows that rockfall hazard was significantly influenced by rockfall energy and then by frequency and height. The areas at risk were delineated and the hazard percentage along the expressway was observed and demonstrated. The result also shows that with increasing mechanical parameter values, the rockfall trajectories and their characteristics, and consequently rockfall hazard, were increased. In addition, the suggested barrier effectively restrained most of the rockfall trajectories and eliminated the hazard along the expressway. This study can serve not only as a guide for a comprehensive investigation of rockfall hazard but also as a reference that decision makers can use in designing a risk mitigation method. Furthermore, this study is applicable in any rockfall study, especially in situations where mechanical parameters have no specific values

    Use of e-book readers for improving agricultural extension service in Ethiopia

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    Global Affairs CanadaInternal Revie

    Prolonging nephrogenesis in preterm infants: a new approach for prevention of kidney disease in adulthood?

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    Chronic kidney disease represents a dramatic worldwide resourceconsuming problem. This problem is of increasing importance even in preterm infants, since nephrogenesis may go on only for a few weeks (4 to 6 weeks) after birth. Recent literature focusing on traditional regenerative medicine does not take into account the presence of a high number of active endogenous stem cells in the preterm kidney, which represents a unique opportunity for starting regenerative medicine in the perinatal period. Pluripotent cells of the blue strip have the capacity to generate new nephrons, improving kidney function in neonates and potentially protecting them from developing chronic kidney disease and end-stage renal disease in adulthood. There is a marked interindividual neonatal variability of nephron numbers. Moreover, the renal stem/progenitor cells appear as densely-packed small cells with scant cytoplasm, giving rise to a blue-appearing strip in hematoxylin-eosin–stained kidney sections (“the blue strip”). There are questions concerning renal regenerative medicine: among preliminary data, the simultaneous expression of Wilms tumor 1 and thymosin β4 in stem/progenitor cells of the neonatal kidney may bring new prospects for renal regeneration applied to renal stem cells that reside in the kidney itself. A potential approach could be to prolong the 6 weeks of postnatal renal growth of nephrons or to accelerate the growth of nephrons during the 6 weeks or both. Considering what we know today about perinatal programming, this could be an important step for the future to reduce the incidence and global health impact of chronic kidney disease

    Clinical metabolomics and nutrition: the new frontier in neonatology and pediatrics.

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    In the pediatric clinic, nutritional research is focusing more and more on preventing the development of long-term diseases as well as supporting the repair processes important in the therapy of already fully developed diseases. Most children who are hospitalized or affected by chronic diseases could benefit from specific and careful attention to nutrition. Indeed, the state of nutrition modulates all body functions, including the different metabolic processes which, all together, have a profound effect on the development of the health and future of all individuals. Inappropriate food, even in the first periods of life, can accelerate the development of chronic metabolic diseases, especially in the pediatric age. To gain further insights into metabolic cycles and how they are connected with diet and health, nutrition and metabolomics interact to develop and apply modern technologies for metabolic assessment. In particular, nutritionists are evaluating the metabolomic approach to establish the single nutritional phenotypes, that is, the way in which diet interacts with individuals' metabolisms. This strategy offers the possibility of providing a complete definition of the individual's nutritional and health status, predict the risk of disease, and create metabolomic databases supporting the development of "personalized nutrition," in which diet is attuned to the nutritional needs of individual patients

    Prevalence and antimicrobial susceptibility of Escherichia coli O157 in beef at butcher shops and restaurants in central Ethiopia

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    Background: Ethiopia bears the largest burden of foodborne diseases in Africa, and diarrheal diseases are the second leading causes of premature deaths. Enterohemorrhagic Escherichia coli O157 causes an asymptomatic infection to severe diarrhea and/or hemolytic-uremic syndrome in humans. Methods: A total of 440 beef carcass and in-contact surface swabs from 55 butcher shops and 85 minced beef samples from 40 restaurants in central Ethiopia were collected and examined for the presence of E. coli O157. Standard microbiological methods were used to isolate and identify E. coli O157 and to characterize the antimicrobial resistance of the isolates. Results: E. coli O157 was detected in 4.5% carcass swabs (n = 5) and 3.6% cutting board swabs (n = 4) samples from butcher shops. E. coli O157 was not detected in any of the minced beef samples obtained from restaurants. All isolates (n = 9) were 100% susceptible to five drugs, but five isolates were resistant to amoxicillin, two isolates to streptomycin and three isolates to chloramphenicol. One isolate was resistant to two drugs and another to three drugs. Conclusions: The present study shows a low prevalence of E. coli O157 in beef sold at butcher shops. Nevertheless, given the low infective dose of this pathogen and the deep-rooted tradition of consuming raw or undercooked beef, the current prevalence should not be considered lightly from a public health perspective
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