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    Per un umanesimo del lavoro. Il contributo di Giorgio Bocca

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    Acuto osservatore e raffinato interprete dei mutamenti culturali e sociali che ha modo di vivere, Giorgio Bocca appartiene alla ristretta schiera di studiosi che hanno tenuto vivo l’interesse per un tema, quello dell’educazione permanente, in momenti in cui - a partire dagli anni Novanta - sono andate imponendosi istanze di natura economicistica e efficientistica che hanno finito con il mettere da parte ogni riferimento a ideali di sviluppo umano e sociale che non avessero una rilevanza produttivistica: basti pensare al successo delle teorie liberiste, al dibattito sviluppatosi intorno alla nozione di competenza e al rilievo che questa è andata assumendo in contesti diversi, al moltiplicarsi della domanda di saperi “pratici” (padronanza di abilità informatiche, linguistiche, di comunicazione, di marketing, ecc.), al proliferare di percorsi e di interventi formativi in cui la dimensione professionalizzante si è imposta nettamente sulla ‘cultura generale’ e sul sapere personale ‘disinteressato’. Istanze che, progressivamente, hanno portato a vedere nell’educazione permanente un principio certamente da condividere e da assumere come quadro generale di riferimento ma, incontestabilmente utopistico e, come tale, di scarsa utilità nell’affrontare i problemi di una società costretta a fare i conti con la riduzione delle risorse da destinare alle attività educative complessivamente intese (istruzione, formazione professionale, educazione degli adulti, ecc.) e che, nel contempo, è esposta a cambiamenti vorticosi, non sempre facili da gestire. Giorgio Bocca ha altresì il merito di aver contribuito a costruire, in Italia, una "pedagogia della formazione
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