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Goethe e l'antico
Il tema Goethe e l’antico, contrariamente alle aspettative, non è un campo di ricerca molto frequentato dalla germanistica internazionale. Il presente volume, che raccoglie – in gran parte – i contributi tenuti al convegno internazionale svoltosi a Roma nel novembre del 1998, vuole rappresentare un cambio di paradigma nell’approccio al problema, in quanto prende in considerazione l’assieme del conforto di Goethe con l’antico, tanto nei suoi aspetti di teoria dell’arte, quanto nei suoi aspetti poetologici. Prima del 1770 il testo letterario acquisiva la sua autorità dalla tradizione antecedente che costituiva un rapporto con il passato come una catena senza soluzione di continuità. A partire da Goethe il testo non fonda più la sua autorità nei suoi riferimenti ad Omero o a Orazio, ma nella capacità combinatoria dell'autore che è in grado di riformulare i motivi poetici in modo da ricollocarli nel suo tempo e nel contempo di ridefinirne il significato anche rispetto all'antico. Goethe ha preso dall’antico temi, immagini, motivi perchè credeva che essi potessero esprimere letterariamente una serie di situazioni archetipiche in grado di essere recepite in ogni caso. Ma ha anche avuto l’intuizione geniale, e di una sconcertante modernità, di rappresentare tali immagini e tali motivi con un linguaggio adeguato alla capacità recettiva dei sui contemporanei e di costruirli in un contesto artistico adeguato alla comunicazione della sua epoca
Goethes Rückblick auf die Antike
Die Beiträge befassen sich nicht nur mit der Verarbeitung antiker Stoffe und analysieren, wie Motive und Sprachbilder aus Werken Homers und Pindars in Goethes eigenen Texten Texten Eingang finden, sondern thematisieren vor allem den durch das Projekt einer allgemeinen Literarisierung intensivierten Autoritätverlust geschriebener Texte. Vor 1770 kam dem geschriebenen Text seine Autorität aus dem vor ihm Geschriebenen zu, das als kontinuierliche Traditionskette den Zusammenhang mit der Vergangenheit stiftete. Seit Goethe erhält den Text seine Autorität nicht mehr, weil er sich auf Horaz oder Homer berufen kann, sondern weil er das Werk eines genialen Schöpfers ist. Goethes pindarische Oden, seine Römischen Elegien, seine Anwerwandlungen des Helena-Mythos oder der eleusinischen Mysterien stellen sich in diesem Kontext als Neu-Schöpfungen eines sich der Tradition der Oralität neu vergewissenden Autors dar
